I musei sono aziende? Chi è meglio per guidare un museo, un manager o un intelletturale? Gran bella domanda, di una grandissima quanto recentissima attualità, da quando l’Italia ha scoperto che l’arte fa fare soldi. Allora: chi fa fare più soldi, con l’arte, tra un managere e un intellettuale?
Un caso concreto
Le recenti polemiche provocate dalle condizioni in cui versa uno dei più importanti musei toscani di arte contemporanea (o almeno uno dei primi in Italia, oggi a mal partito), sono rimbalzate ormai dalla stampa locale a quella nazionale, anche se per motivi che, apparentemente, esulano dalla gestione curatoriale e scientifica. Si tratta infatti della notizia del licenziamento annunciato di due dipendenti del museo, non di un problema di programmazione o gestione da parte del direttore o del Cda in merito alla funzione culturale del museo stesso. Due cose in apparenza separate, ma in realtà profondamente legate l’una all’altra.
Nel bando di nuovo direttore pubblicato nell’ottobre del 2021 (dopo peraltro un allontanamento “forzato” ancora in corso di verifica legale della precedente direttrice, in causa col museo da quasi due anni), si richiedeva infatti, tra i vari obiettivi di cui il direttore (nominato poi nel dicembre del 2021) doveva farsi carico, un aumento di un milione di euro extra in tre anni del budget e un incremento rilevante dei visitatori. Né l’uno né l’altro obiettivo sono stati raggiunti, evidentemente, dopo quasi due anni di direzione, dal momento che si è ora costretti a licenziare due dipendenti per risanare il bilancio (sic) e che il numero accertato dei visitatori nel 2019 era di 43.000, mentre nel 2022 è di 26.500!
Il museo è bello e l’azienda è brutta?
Massimo Osanna, che fa il direttore generale del ministero della Cultura, in questi giorni ha espresso un pensiero molto chiaro. In buona sostanza, ha spiegato che i musei sono aziende, per la precisione piccole aziende e, pertanto, necessitano di essere gestite da figure professionali complesse e all’altezza dell’impegnativo compito. Dunque, di professionisti con indiscutibili capacità manageriali.
Ma perché il direttore Osanna è dovuto intervenire sul tema? Perché accademici e storici dell’arte, hanno avuto da ridire, come succede sempre quando si parla di musei da guidare con mentalità manageriale. In loro vi è sempre il sospetto che la bellezza venga trattata esclusivamente come un mercato e, per di più, soggetta all’influenza decisionale della politica. Come in tutte le cose della vita l’assolutizzare è sempre un metodo isterico. Tuttavia, pare ovvio che per dare sempre più lustro al nostro straordinario patrimonio museale occorra mettere in campo figure manageriali di grande spessore. Quanto più un museo/piccola impresa funziona a dovere tanto più se ne avvantaggia la società.
Meglio un manager o un intelletturale, alla guida di un museo? Dipende da questi elementi…
La questione se sia preferibile un manager o un intellettuale per guidare un museo in Italia (come del resto in molti altri Paesi) non ha una risposta univoca, in quanto dipende da una serie di fattori che includono la missione specifica del museo, le sue dimensioni, il suo contesto culturale e le risorse disponibili. Di seguito sono presentate le prospettive per entrambe le scelte.
3 motivi per scegliere un manager:
- Competenze organizzative: un manager ha solitamente le competenze necessarie per organizzare e gestire efficacemente le risorse di un’istituzione complessa come un museo.
- Orientamento al risultato: i manager tendono a essere orientati al risultato, focalizzandosi su obiettivi strategici e operativi che possono garantire il successo e la sostenibilità finanziaria dell’istituzione.
- Innovazione: un manager con esperienza potrebbe essere più propenso ad adottare strategie innovative di marketing e tecnologie avanzate per migliorare l’esperienza del visitatore.
3 motivi per scegliere un intellettuale:
- Profondità culturale: un intellettuale tende ad avere una profonda comprensione e conoscenza del patrimonio culturale, cosa che può arricchire enormemente il contenuto e l’offerta culturale del museo.
- Rete di contatti: un intellettuale noto e rispettato può avere una vasta rete di contatti nel mondo dell’arte e della cultura, facilitando collaborazioni prestigiose e acquisizioni di opere significative.
- Approccio curatoriale: un intellettuale può avere un approccio più riflessivo e critico nella cura delle esposizioni, offrendo una visione più profonda e articolata dei contenuti presentati.
“M” come museo, ma anche come manager. Finito il tempo dei conflitti di paese tra Guelfi e Ghibellini, è tempo di superare vecchi steccati mentali e ad accogliere la sintesi invece della contrapposizione. Il mercato è un destino universale, oggi. Sfuggire a questa logica? Sì, a patto che i musei non debbano più presentare bilanci e godano di un infinito (quanto misterioso) supporto economico. Sopravvivere sarebbe una vera arte.




